Disabilità visiva: quando la tecnologia è sinonimo di autonomia
Dall’inizio del Novecento ad oggi, la strada per il raggiungimento dell’autonomia visiva da parte di ipovedenti e non vedenti è stata lunga e tortuosa. Un museo itinerante – il Museo Italiano delle Tecnologie per Disabili Visivi – ci racconta, attraverso una selezione di ausili per la visione, la storia di questo lungo e faticoso percorso. Oggi che la tecnologia ci è più che mai d’aiuto nel raggiungimento di una visione pressoché perfetta, ci piace e ci incuriosisce rivedere questi ausili, comprendere le esigenze che vi stanno a monte, scoprirne l’uso ed immedesimarci negli ipovedenti di qualche manciata di decenni fa. Per capire chi siamo e, soprattutto, da dove veniamo.
Il Museo Italiano delle Tecnologie per Disabili Visivi è oggi visitabile in località Piombino Dese, in provincia di Padova, a qualche chilometro dalla fondazione che l’ha voluto e realizzato: ci riferiamo alla fondazione Lucia Guderzo, giovane matematica, scomparsa prematuramente all’età di soli 54 anni, che ha dedicato la sua esistenza alla trascrizione di tanta letteratura scientifica in braille, così da consentire anche agli ipovedenti e non vedenti l’accesso alla scienza ed alla cultura. La fondazione, che porta il suo nome, e che lei stessa ha inaugurato con tenacia e grande entusiasmo, ha l’obiettivo, con l’aiuto della tecnologia, di garantire l’autonomia visiva ai soggetti con disabilità.
Quando l’imprenditoria si fa virtuosa, è d’aiuto agli altri
Il Museo Itinerante a cura della Fondazione Lucia Guderzo, inaugurato proprio il 13 dicembre, giorno in cui si festeggia Santa Lucia, protettrice degli occhi e della vista, vuole essere dunque un segno per tutte le donne che credono in loro stesse, che hanno voglia di affermarsi come imprenditrici ma, soprattutto, che intendono portare avanti un progetto nel quale credono fermamente, nel caso specifico quello dell’aiuto e sostegno degli individui con disabilità a raggiungere l’autonomia visiva.
100 anni di progressi per l’inclusione sociale dei soggetti ipovedenti
Visitare il Museo consente dunque di vedere e conoscere tutti quegli ausili che, nel corso del Novecento, sono stati progettati proprio per venire in aiuto a chi aveva la necessità di superare le disabilità visive, andando a toccare con mano i grandissimi progressi che la tecnologia che compiuto in soli 100 anni. Oggi che gran parte delle disabilità visive sono superabili grazie alla tecnologia applicata alla chirurgia oftalmica, viviamo in un paese dove la carenza di vista è un limite ampiamente valicabile e superabile. Un paese moderno, capace di crescere a livello sociale ed economico, dove la parola d’ordine è salute, dove l’inclusione sociale è più che mai una consuetudine e dove il raggiungimento dell’autonomia visiva deve essere la normalità.
In Camo crediamo fermamente nel progresso sociale ed economico come risultato del progresso tecnologico che, applicato alla conoscenza medica, ci consente di offrire ai nostri pazienti una visione ottimale e, di conseguenza, una piena inclusione sociale, realizzando e compiendo così l’ambizioso progetto di Lucia Guderzo.
Dai primi ausili alla tecnologia Lasik
Se qualche decennio fa taluni ausili come l’Optacon (un lettore elettronico con una particolare matrice ad aghi che consentiva di decodificare il testo scritto) o il primo “computer per ciechi” si ponevano come soluzioni d’avanguardia per consentire a ciechi o ipovedenti di superare i loro limiti visivi, da allora la tecnologia ha fatto passi da gigante.
L’esempio più lampante dei progressi tecnologici applicati alla medicina oftalmica è dato da Lasik, il primo laser ad eccimeri al mondo usato per la correzione dei difetti visivi, del quale il Dott.Buratto è stato, in Italia, pioniere. Un grande traguardo che la scienza è riuscita a superare, al fine di garantire l’autonomia visiva ad un numero sempre maggiore di pazienti.
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