La scienza dimostra il legame tra Alzheimer e patologie degenerative oculari

Mentre medici e studiosi di tutto il mondo sono alla ricerca delle cause che scatenano il Morbo di Alzheimer, oggi un team di ricercatori dell’Università di Washington ha individuato il legame tra questa insidiosa patologia neurocognitiva ed alcune patologie degenerative oculari. Ma vediamo i dettagli di questa scoperta. 

I dettagli dello studio che ha messo il correlazione alcune patologie oculari con il morbo di Alzheimer

Lo studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Washington e pubblicato sulla rivista Alzheimer & Dementia, ha visto la partecipazione di 3877 pazienti dai 65 anni in su. Dalle ricerche è emerso che coloro che soffrivano di specifiche malattie degenerative agli occhi avevano tra il 40% ed il 50% di probabilità in più di sviluppare anche l’Alzheimer. I ricercatori hanno tuttavia specificato che questo non significa che chi soffre di una patologia degenerativa oculare svilupperà anche il morbo di Alzheimer o viceversa: significa piuttosto che chi soffre di determinate patologie oculari dovrebbe essere consapevole di avere più probabilità di andare incontro anche a forme di demenza. Una consapevolezza che naturalmente va estesa anche ai medici di base ed agli oculisti che hanno in cura questi pazienti.

Quali sono le patologie degenerative oculari correlate con il morbo di Alzheimer?

I ricercatori hanno evidenziato in particolare una correlazione tra la malattia di Alzheimer e 3 patologie oculari: degenerazione maculare, retinopatia diabetica e glaucoma. Tre patologie dai sintomi differenti ma che hanno in comune alcuni fattori di rischio, come l’età, uno stile di vita non sempre corretto (poca attività fisica e un regime alimentare poco sano o poco vario), oltre ai fattori genetici. La correlazione con il morbo di Alzheimer non è invece emersa nei pazienti affetti da cataratta.

Una correlazione che forse aiuterà gli studiosi a scoprire qualcosa di più sulle origini del morbo di Alzheimer

L’auspicio è che la correlazione tra le patologie degenerative oculari sopra citate e il morbo di Alzheimer sia d’aiuto agli studiosi impegnati nello studio delle origini di questa malattia neurocognitiva ad oggi ancora così insidiosa e poco conosciuta. Una speranza che ci si augura divenga presto realtà, dal momento che nel mondo vivono circa 50 milioni di persone affette da morbo di Alzheimer e che questo numero è destinato a triplicare di qui al 2050 (fonte Topmemory.org). Una cosa tuttavia è chiara: che forse è proprio vero che “gli occhi sono lo specchio dell’anima” e che a partire dall’osservazione degli occhi si possono evincere molte informazioni sullo stato di salute dell’individuo, inclusa la predisposizione ad alcune patologie.

Fonte: Alzheimer & Dementia

La dieta mediterranea rallenta la degenerazione maculare senile

Da uno studio condotto dall’Università di Bordeaux e pubblicato sulla rivista Ophtalmology è emerso che alimentarsi secondo i principi della dieta mediterranea aiuta a prevenire la degenerazione maculare senile riducendone il rischio del 41%. Un numero interessante, che ci induce ad avere un occhio di riguardo per la nostra alimentazione quotidiana.

Cos’è la degenerazione maculare senile

Abbiamo già avuto modo di trattare il tema della degenerazione maculare senile nel corso dell’intervista sul tema al dottor Matteo Cereda, medico oculista e retinologo di CAMO – Centro Ambrosiano Oftalmico. La maculopatia senile è una patologia tipica dell’età adulta che vede una progressiva degenerazione della macula, la parte centrale della retina situata proprio dietro alla pupilla. Si tratta di una zona particolarmente ricca di fotorecettori, deputati alla visione dei colori e alla visione centrale. La diagnosi di maculopatia si fa tramite un esame semplice ed indolore, chiamato OCT, una tac dell’occhio che consente di scattare alcune fotografie ad alta risoluzione della retina.

Lo studio dell’Università di Bordeaux

Allo studio hanno preso parte 5mila individui di età superiore ai 55 anni, che sono stati seguiti e monitorati una volta ogni 4 anni per un periodo di 21 anni in media. Gli individui facenti parte del campione venivano interrogati circa le loro abitudini alimentari e visitati per verificare lo stato di salute visivo. I risultati parlano chiaro: applicare il modello nutrizionale della dieta mediterranea, alimentandosi con una dieta varia basata sull’alternanza di pesce azzurro, poca carne, frutta e verdura di stagione, olio extravergine di oliva, cereali integrali e legumi, consente di ridurre del 41% il rischio di andare incontro alla degenerazione maculare senile.

Anche le arance aiutano a prevenire la degenerazione maculare senile

Non è la prima volta che una ricerca scientifica sottolinea, dati alla mano, l’importante correlazione tra benessere visivo ed alimentazione corretta. Sempre a proposito della maculopatia, un gruppo di ricercatori dell’Università di Sidney ha recentemente dimostrato che introdurre arance nella propria dieta riduce il rischio di degenerazione maculare senile del 60%.

Attenzione però, perchè i ricercatori dell’Università di Bordeaux hanno precisato che non è sufficiente “fare il pieno” di un singolo ingrediente come gli agrumi o l’olio di oliva per ridurre il rischio di degenerazione maculare senile. L’alimentazione deve seguire alla lettera i principi della dieta mediterranea, un modello alimentare che deve essere messo in pratica nella sua completezza.

Perché vi è una correlazione così forte tra l’alimentazione sana e le patologie della retina?

La retina e la sua parte centrale – la macula – hanno bisogno di essere ben ossigenate e ben nutrite per svolgere al meglio le loro funzioni. La degenerazione maculare senile, in particolare, essendo una patologia strettamente connessa all’avanzare dell’età, può essere favorita da una carenza di liquidi, dallo stress ossidativo e da uno scarso apporto di elementi nutritivi. Ecco perché nutrirsi bene, in modo sano e vario aiuta a proteggere non solo la retina ma l’intero organismo da tutte quelle patologie che hanno a che fare con l’invecchiamento cellulare.

Fonte: AAO Journal

 

l nobel per la fisica “dei record” che hanno segnato la storia dell’oftalmologia

E’ risaputo che l’introduzione del laser nel mondo della chirurgia oftalmica ha rivoluzionato il trattamento di molte patologie oculari come la cataratta, la retinopatia diabetica e il glaucoma, così come ha consentito di mettere in atto metodiche di correzione definitiva dei difetti refrattivi. Ma vi siete mai chiesti chi vi sia dietro le straordinarie scoperte che hanno consentito all’oftalmologia di compiere passi da gigante, e di migliorare la vita di milioni di persone in tutto il mondo? Certamente non stiamo parlando di tre scenziati a caso, ma dei tre vincitori del Premio Nobel per la Fisica 2018. Ciò che ha accomunato i tre studiosi e che è valso loro l’assegnazione del prestigioso premio, sono le ricerche condotte sul laser ad impulsi brevissimi e ad altissima intensità. Ma conosciamoli più da vicino. 

Arthur Ashkin: il Premio Nobel più anziano della storia

Il primo assegnatario del Premio Nobel per la Fisica 2018, che ha ricevuto anche la metà del premio in corone svedesi, è lo statunitense Arthur Ashkin, insignito del prestigioso riconoscimento per aver sviluppato le “pinzette ottiche”, uno strumento che si avvale di un impulso laser per spostare – avvicinare, allontanare o ruotare – oggetti microscopici come organismi minuscoli, virus o batteri. Ashkin, newyorkese, classe 1922, è lo scienziato più anziano ad essere mai stato insignito di un premio Nobel. Fino ad ora il “primato” era detenuto dall’americano Leonid Hurwicz, assegnatario del Nobel per l’Economia nel 2007.

Gérard Mourou e Donna Strickland: è lei la terza donna al mondo a ricevere il Nobel per la Fisica

Gérard Mourou, fisico ed ingegnere elettronico francese, e Donna Strickland, canadese, fisico dell’Università dell’Ontario, si sono aggiudicati l’altra metà del premio per i loro studi sugli impulsi ultracorti ad altissima intensità. Anche alla Strickland spetta un “primato” che va al di là degli studi di fisica: si tratta, infatti, della terza donna al mondo insignita del premio Nobel per la Fisica, dopo Marie Curie nel 1903 e Maria Goeppert Mayer, nel 1963.

Ecco come questi premi Nobel hanno segnato la storia ed il progresso dell’oftalmologia

Il metodo per creare impulsi laser brevissimi ed intensissimi sviluppato da Mourou e Strickland ha trovato applicazione nella chirurgia oftalmica che oggi usa il laser come strumento di lavoro quotidiano nel corso di interventi chirurgici ad altissima precisione e sicuri come mai prima. Oggi, sono davvero milioni le persone in tutto il mondo che ogni giorno traggono beneficio dal frutto di queste straordinarie ricerche: grazie all’introduzione del laser nella chirurgia oftalmica, alcune patologie oculari fino a pochi decenni fa particolarmente insidiose e difficili da curare trovano finalmente soluzione, la qualità della vita dei pazienti è drasticamente migliorata ed il rischio di perdere la vista è diminuito altrettanto drasticamente. Il laser a femtosecondi, per fare un esempio, consente di effettuare interventi oculari per la cura di alcune patologie e per l’eliminazione definitiva dei difetti refrattivi. Ma non finisce qui: oltre al laser a femtosecondi, vi sono altri strumenti chirurgici e diagnostici in campo medico oftalmologico frutto delle ricerche di questi tre insigni studiosi.

Patologie oculari causate dal diabete: anche qui il laser è d’aiuto

Il dottor Lucio Buratto, direttore scientifico di CAMO, ha recentemente sottolineato come l’avvento del laser abbia salvato – e salvi ogni giorno – dalla cecità tanti pazienti affetti da diabete che contraevano retinopatie e maculopatie connesse alla patologia. Oggi, grazie agli studi di questi tre straordinari premi Nobel sul laser ed all’applicazione delle loro scoperte in campo chirurgico oftalmico, è possibile distruggere le aree poco vascolarizzate della retina ed i vasi anomali causati proprio dal diabete e salvare i pazienti da una irreversibile perdita di capacità visiva.

Quando il laser prende il posto del bisturi

Analogamente, oggi il laser a femtosecondi ci consente di trattare con efficacia i pazienti affetti da cataratta, mentre con l’argon laser è possibile trattare in tutta sicurezza i pazienti affetti da glaucoma. Cataratta e glaucoma sono altre due patologie che senza l’avvento della tecnologia basata sull’uso del laser non avrebbero trovato un trattamento agevole né risolutivo.

Quando la diagnosi si fa col laser

Anche a livello diagnostico, l'”avvento” della tecnologia laser ha consentito di mettere a punto delle apparecchiature molto sofisticate, capaci di “vedere” all’interno dell’occhio con estrema precisione: si pensi, per esempio, alla OCT, un’apparecchiatura capace di eseguire una tac dell’occhio avvalendosi di sole immagini, fondamentale per la diagnosi delle maculopatie.

Maculopatia e retinopatia diabetica, le due facce pericolose del diabete

 

Lo dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità: il diabete è una patologia in forte crescita a livello globale, e l’Italia, numeri alla mano, non sembra essere da meno. Con l’aumento del diabete, crescono anche altre patologie ad esso fortemente interconnesse, come la maculopatia diabetica e la retinopatia diabetica. Per dare qualche numero, oggi nel mondo vi sono 443 milioni di diabetici, mentre si stima che nel 2025 saranno 700 milioni. Di queste, su 32 milioni di persone non vedenti, 900 mila lo sono a causa della retinopatia diabetica. Una patologia che, se non opportunamente diagnosticata e trattata, può condurre alla cecità: ecco spiegato perché informare e prevenire è fondamentale. Soprattutto se la popolazione si mostra poco preparata sull’argomento.

Cos’è il diabete e quali conseguenze può avere per la salute oculare

Il nostro corpo produce naturalmente un enzima, l’insulina, avente il ruolo di regolarizzare gli zuccheri presenti nel sangue: quando l’insulina non è sufficiente oppure non svolge correttamente il suo lavoro, il glucosio in circolo nel sangue si accumula, raggiungendo livelli pericolosi per la salute: questa patologia prende il nome di diabete. Le due conseguenze più gravi del diabete sono la maculopatia e la retinopatia diabetica. Il dott. Lucio Buratto – direttore scientifico del Centro Ambrosiano Oftalmico – e l’Ospedale San Raffaele di Milano, si sono fatti promotori di un’interessante indagine su scala nazionale volta a sondare la conoscenza degli italiani in merito alle patologie oculari che il diabete può causare.

Mercoledi 3 ottobre 2018: ecco i risultati di un’interessante indagine demoscopica

Nella mattinata di oggi, 3 ottobre 2018, il dott. Lucio Buratto, direttore scientifico del Centro Ambrosiano Oftalmico, il Prof. Francesco Bandello, ordinario di Oftalmologia all’Ospedale San Raffaele di Milano e il Prof. Antonio Secchi, clinico medico dell’Università Vita-Salute San Raffaele hanno presentato alla stampa i risultati dell’indagine demoscopica condotta sulla popolazione italiana nel settembre scorso, il cui obiettivo era quello di testare la conoscenza del diabete così come delle sue ripercussioni sulla salute oculare, con particolare riferimento a due patologie, la maculopatia e la retinopatia diabetica.

Un’indagine dai risultati allarmanti: maculopatia e retinopatia diabetiche, queste sconosciute

Nel corso del sondaggio sono state intervistate 1052 persone di età compresa tra i 50 ed i 70 anni, di cui 400 affette da diabete. I risultati sono piuttosto allarmanti, considerando più della metà degli intervistati (il 54%) non ha le idee chiare sul diabete, pur talvolta essendo consapevole di soffrirne. Alla poca conoscenza delle cause e dei sintomi del diabete, si associa anche una scarsa conoscenza in merito ai comportamenti di prevenzione ed all’importanza di una diagnosi precoce della maculopatia diabetica e della retinopatia diabetica. Il 40% degli intervistati ammette anche di non conoscere le suddette patologie oculari. Analogamente, la popolazione non sembra essere informata in merito agli esami ed alle terapie per la diagnosi ed il trattamento della maculopatia diabetica e della retinopatia diabetica, non avendo mai sentito parlare nè di OCT (la Tomografia a Coerenza Ottica), nè di iniezioni intravitreali.

Ecco perché è importante conoscere (e prevenire) maculopatia e retinopatia diabetica

La maculopatia e la retinopatia diabetica sono due patologie oculari molto gravi innescate proprio dal diabete. Non essere a conoscenza della loro esistenza e dei rischi che esse comportano può significare andare incontro a gravi problemi oculari, compromettere drasticamente la capacità visiva o perdere totalmente la vista. Informare la popolazione circa l’esistenza di queste patologie ed in merito ai rischi ad esse correlati è fondamentale. E non solo. Oggi esiste un esame oculare molto veloce e per nulla invasivo, chiamato OCT, che consente di eseguire una diagnosi certa e precisa di queste patologie.

Una campagna nazionale di prevenzione organizzata e promossa da CAMO

Alla luce dei risultati poco incoraggianti della ricerca demoscopica sulla conoscenza del diabete e delle patologie oculari che questo può causare, CAMO, in collaborazione con il professor Francesco Bandello, ordinario di oftalmologia presso l’Università Salute-Vita del San Raffaele di Milano, con il patrocinio del Ministero della Salute, ha deciso di farsi promotore di un’importante iniziativa di impegno sociale, ovvero la Campagna di Prevenzione e Diagnosi della Maculopatia e Retinopatia Diabetica. La campagna, che lo scorso anno, nella sua prima edizione, era volta a sensibilizzare la popolazione circa la maculopatia degenerativa di tipo senile, sposta il focus dunque sulla popolazione diabetica, che ad oggi sembra essere non sufficientemente informata in merito ai rischi connessi alla maculopatia e retinopatia diabetica e circa l’importanza della prevenzione e degli esami che ad oggi la medicina oftalmica ci mette a disposizione per eseguire una diagnosi puntuale e repentina, con grandi benefici per il paziente in termini di salute e di qualità visiva.

Il mese della prevenzione sulla maculopatia diabetica – sul quale continueremo ad aggiornarvi nelle prossime settimane –  avrà luogo nel febbraio 2019 e vedrà come protagonisti 32 centri d’eccellenza sparsi su tutto il territorio italiano, con l’obiettivo di informare e prevenire la malattia.

Occhi sani, cervello in forma: lo conferma la scienza

Tenere monitorata la salute del nostro apparato visivo è fondamentale per mantenere le funzioni cognitive al massimo della loro efficienza, anche in tarda età. E’ quanto confermato da un recente studio condotto dall’Università di Miami su un campione di persone anziane il cui obiettivo è stato quello di mettere in correlazione i disturbi visivi con il declino cognitivo. Difetti visivi, ma anche patologie come la cataratta e la maculopatia, non vanno sottovalutati, anzi. Monitorarli e curarli opportunamente regala al paziente, anche molto anziano, un’esistenza di qualità, fatta di autonomia nelle piccole grandi cose, serenità ed una ritrovata capacità cognitiva.

Gli ingredienti per invecchiare bene? Eccoli

La ricerca ha preso in esame oltre 2500 over 65 con lo scopo di capire se un declino delle capacità visive possa condurre o meno ad un conseguente declino anche di quelle cognitive. Quali sono, insomma, gli ingredienti per invecchiare bene? Sicuramente una dieta ben bilanciata con prodotti di stagione e pochi grassi, niente fumo, tanta vita all’aria aperta, esercizio fisico, una vita sociale attiva, tanta lettura sono solo alcuni dei segreti per invecchiare in modo sereno e tenersi alla larga da tante patologie tipiche dell’età avanzata. Ma non solo: stando all’esito della ricerca in questione, anche correggere i difetti visivi e sottoporsi periodicamente a controlli della vista ed a screening di prevenzione in merito alle principali patologie dell’età matura – come la cataratta e la degenerazione maculare senile –  sono fondamentali per invecchiare bene e per tenere la mente in forma. Insomma, la vista eserciterebbe un’ottima influenza sul cervello: negli anziani oggetto dello studio infatti si è visto che mano a mano che la vista peggiorava, peggioravano anche le funzioni cognitive.

Gli studiosi non hanno dubbi: la salute visiva si ripercuote su quella cerebrale

La vista, insomma, se mantenuta nel suo stato ottimale, avrebbe un’ottima influenza sul cervello e sul buon andamento delle funzionalità cognitive. Più la vista è al massimo delle sue possibilità, più il cervello è vivace e le funzioni cerebrali sono al massimo delle loro. Una correlazione che non può che far bene ai pazienti di una certa età, che vedendo bene riescono a vivere meglio la loro quotidianità, la loro vita privata e sociale, sperimentando un senso di inclusione, di partecipazione e di interesse verso gli eventi che accadono sia nel loro quotidiano sia nel mondo. Vedere male ha un effetto negativo sulle funzioni cerebrali perché scoraggia l’anziano dal compiere alcune attività che trova difficili o addirittura insormontabili. Quando la vista non è “in forma”, leggere, informarsi, uscire in autonomia diventano imprese insormontabili che si finisce con il rinunciare a compiere, innescando un circolo vizioso che porta ad un progressivo calo delle capacità cognitive e porta ad un conseguente peggioramento delle funzioni cerebrali.

Vista in forma, mente in forma? Le soluzioni ci sono

Le soluzioni per disinnescare questo circolo vizioso che dai problemi visivi conduce direttamente ad un declino cognitivo esistono. E’ fondamentale che l’anziano si sottoponga periodicamente a controlli della vista anche quando pensa di non averne bisogno, con visite accurate volte a verificare anche l’eventuale presenza di alcune patologie tipiche dell’età senile, come la cataratta e la degenerazione maculare senile. Ad oggi l’intervento di rimozione della cataratta è uno dei più eseguiti non solo in Italia ma in tutto il mondo. Si tratta di un intervento di breve durata, che si effettua in regime ambulatoriale e che viene effettuato ogni giorno in completa sicurezza: pochi minuti che possono restituire al paziente una vista migliore in fatto di quantità, qualità, nitidezza, percezione dei colori e delle distanze. Perché la voglia di giovinezza passa anche attraverso gli occhi.

Fonte: Jama Ophtalmology

 

Più arance, meno degenerazione maculare senile

Giunge direttamente dall’Australia la notizia che più arance consumiamo, più saremmo in grado di tenere alla larga la degenerazione maculare senile. Il “merito” di questo beneficio è da attribuire ai flavonoidi, dei composti fitochimici con ottime proprietà antiossidanti. Vediamo di seguito i dettagli.

Degenerazione Maculare Senile, una patologia da non sottovalutare

La degenerazione maculare senile è una patologia tipica dell’età avanzata che colpisce la macula, ovvero la parte centrale della retina, dove sono collocati alcuni importantissimi fotorecettori responsabili della decodifica dei colori e della trasmissione dell’informazione luminosa al cervello attraverso il nervo ottico. Quando la macula si ammala e si deteriora, questa importante funzione viene meno. Inoltre, poiché la macula è collocata proprio al centro della retina, il paziente perde sia qualità che quantità di visione centrale, mentre conserva intatta la visione periferica. La degenerazione maculare senile può essere di due tipi, secca e umida: la prima è molto più difficile da trattare, mentre per la seconda oggi la medicina mette a disposizione terapie interessanti. Ad ogni modo, è fondamentale sottolineare come un corretto apporto di sangue, ossigeno ed elementi nutritivi consenta alla retina ed alla macula di mantenersi sane e in forma il più a lungo possibile.

I dettagli della ricerca

La ricerca che qui proponiamo è stata condotta dai ricercatori dell’Università di Sidney, che hanno monitoriato la dieta quotidiana di 2000 over 50 nel corso di 15 anni. Dalla ricerca è emerso che i pazienti che consumavano una o due porzioni di arancia al giorno, avevano il 60% in meno di possibilità di sviluppare la degenerazione maculare senile rispetto ai loro coetanei che invece non consumavano gli agrumi.

I flavonoidi, perché è importante assumerli attraverso la dieta

Leggendo le conclusioni della ricerca, verrebbe spontaneo pensare che sia la vitamina C la principale responsabile di questa eccezionale riduzione delle probabilità di ammalarsi di Degenerazione Maculare Senile. Al contrario, l’ottima ossigenazione dei capillari della macula va imputata ai flavonoidi, preziosi composti fitochimici aventi la capacità di esercitare un’importante azione antiossidante ed antitumorale naturale. Abbiamo già avuto modo di approfondire l’importanza dei flavonoidi e la loro presenza nel cioccolato. Oggi aggiungiamo al nostro “menù” le arance, raccomandando di programmare settimanalmente una dieta varia e ben bilanciata, ispirata ai sapori mediterranei e ricca di frutta e verdure sempre freschi, colorati e di stagione.

Fonte: Westmead Institute

 

 

Il Centro Ambrosiano Oftalmico premiato per la Prima Campagna di Prevenzione e Diagnosi della Maculopatia

Il nostro direttore scientifico, il dottor Lucio Buratto, ha ritirato nei giorni scorsi a Milano il premio “Le eccellenze dell’informazione scientifica e la centralità del paziente” – sezione speciale “Nutraceutici” – come riconoscimento per la Prima Campagna Nazionale di Prevenzione e Diagnosi della Maculopatia. Il premio, promosso da SIFI, azienda farmaceutica in ambito oftalmologico e promossa dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, ha l’obiettivo di sottolineare, elogiare e valorizzare quei progetti che, in ambito medico e farmaceutico, hanno avuto l’obiettivo di affermare in modo concreto la centralità del paziente, del suo benessere e della sua qualità di vita.

La Prima Campagna Nazionale di Prevenzione e Diagnosi della Maculopatia, promossa e voluta dal Centro Ambrosiano Oftalmico in collaborazione con IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e patrocinata dal Ministero della Salute e dalla SOI, Società Oftalmologica Italiana, si è svolta dal 29 gennaio al 23 febbraio scorso in 17 città italiane. Lo scopo, quello di offrire alla popolazione una valida e concreta opportunità di informazione e di screening sulla maculopatia, una patologia dell’occhio che può condurre ad una grave carenza visiva qualora venga diagnosticata con ritardo o non opportunamente trattata.

Ricordiamo che la maculopatia è un deterioramento della porzione centrale della retina che si trova dietro alla pupilla, laddove la maggior parte dei raggi luminosi viene trasformata dai fotorecettori in informazione visiva. Il deterioramento, che porta ad un peggioramento sensibile della visione centrale, può essere dovuto a diversi fattori: uno di questi è l’invecchiamento, ed in questo caso si parla di degenerazione maculare senile. Informare, prevenire e trattare sono tre punti chiave fondamentali per consentire alla popolazione di innalzare la sua qualità di vita ed al Sistema Sanitario Nazionale di risparmiare sui costi. É questo il concetto che il dottor Lucio Buratto ha voluto esprimere nel ritirare il premio:

«Sono davvero soddisfatto e ringrazio la giuria di questo importante Premio ottenuto dalla nostra Campagna di prevenzione sociale e d’informazione verso i pazienti su una condizione delicata come la maculopatia – ha commentato il dottor Buratto -. Oggi, infatti, il problema della medicina contemporanea è che non vengono eseguiti sufficienti screening di prevenzione che consentano la diagnosi precoce, un trattamento tempestivo delle principali patologie e una conseguente corretta aderenza terapeutica. Tre elementi che portano ad un innalzamento della qualità di vita dei cittadini oltre che a un importante risparmio per il Servizio sanitario nazionale».

Un grande successo sociale, insomma, quello della Prima Campagna Nazionale di Prevenzione e Diagnosi della Maculopatia, che ha consentito a molti cittadini di conoscere e diagnosticare una patologia poco conosciuta, ma soprattutto di trattarla opportunamente per affrontare il futuro sotto il segno del benessere. Non resta ora che attendere la seconda edizione della campagna, affinché l’informazione circa la maculopatia continui ad essere opportunamente divulgata con l’obiettivo di avere una popolazione informata e soprattutto in salute.

Distacco di retina: che cos’è e come si risolve

La retina è una sottilissima membrana che riveste tutta la superficie interna del nostro bulbo oculare. Il suo ruolo nella visione è fondamentale, perché su di essa sono collocati i fotorecettori – coni e bastoncelli – che trasferiscono l’informazione luminosa al cervello. Se la retina va incontro ad una rottura e, peggio ancora, ad un distacco, la visione è compromessa, così come la salute dell’occhio. Si rende dunque necessario intervenire. Vediamo come. 

Cos’è un distacco di retina

Il distacco di retina non è un’evenienza molto frequente, ma quando accade è sempre bene correre ai ripari quanto prima, onde non veder compromesse le proprie capacità visive. Il distacco di retina si ha quando la retina si stacca dalla superficie del bulbo oculare alla quale, in condizioni normali, essa aderisce perfettamente. In particolare, il distacco può avvenire nelle zone periferiche della retina, oppure nella parte posteriore, in una zona molto importante chiamata macula, ricca di fotorecettori e deputata alla percezione dei colori: in questo caso si ha una patologia appartenente alla famiglia delle maculopatie. Quando la retina si stacca dal bulbo oculare, si viene a formare un liquido, chiamato anche sottoretinico.

Le cause di un distacco di retina possono essere:

  • un trauma al bulbo oculare
  • una rottura spontanea (causata talvolta da una miopia medio-alta, perchè la miopia porta l’occhio ad allungarsi)
  • una trazione vitreoretinica (causata per esempio da una retinopatia diabetica oppure dalla presenza di miodesopsie particolarmente accentuate, che possono indurre una trazione del vitreo capace di danneggiare la retina)

I sintomi di un distacco di retina sono:

  • sensazione di offuscamento del campo visivo: al paziente sembra di vedere una “tenda nera” in parte del campo visivo
  • fosfeni: sono dei flash luminosi percepiti a livello periferico
  • miodesospie: sono le cosiddette “mosche volanti”

Come si risolve un distacco di retina

Il distacco di retina va risolto in modo piuttosto tempestivo, in particolar modo se si tratta di un distacco periferico, così da limitare l’espansione del danno anche al resto della retina, inclusa la macula. La terapia da mettere in atto è di tipo chirurgico. Le strade percorribili sono due e consentono, eseguite singolarmente oppure in abbinamento a seconda della situazione specifica del paziente, di ridurre le trazioni viteoretiniche, chiudere le eventuali rotture della retina e far aderire nuovamente la retina nella sua sede naturale.

  1. Chirurgia episclerale: esterna dell’occhio
  2. Vitrectomia: interna all’occhio

La chirurgia episclerale

La chirurgia episclerale prevede che si intervenga sulla sclera, ovvero la parte bianca del bulbo oculare. Le tecniche messe in atto sono due, e prendono il nome di piombaggio e cerchiaggio.

Con il piombaggio, le rotture retiniche vengono “tappate” con l’ausilio di una spugnetta di silicone. Con il cerchiaggio, invece, si posiziona una sorta ci “cintura” lungo tutto il diametro dell’occhio, per ridurne la dimensione e contrastare le forze messe in atto da eventuali trazioni vitreoretiniche. Entrambe le tecniche vengono eseguite in day surgery, sono poco invasive perchè effettuate solo esternamente all’occhio, e sono rapide.

La vitrectomia

La vitrectomia consiste nella rimozione parziale o totale del vitreo, quella sostanza gelatinosa ricca di fibre di collagene che “riempie” il bulbo oculare. Questa opzione si sceglie nel caso vi siano in atto patologie che compromettono l’omogeneità del vitreo e che hanno innescato una dannosa trazione sulla retina.

Per ulteriori informazioni o appuntamenti:

CENTRO AMBROSIANO OFTALMICO P.zza Repubblica, 21 – 20124 Milano

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TELEFONO 02 6361 191 Centralino attivo Lun-Ven dalle 9,00 alle 19,00

Le malattie della retina

La retina è una sottile membrana situata nel segmento posteriore dell’occhio: il suo ruolo è fondamentale in quanto è lei a ricevere i segnali luminosi ed a trasmetterli al nervo ottico. Ma cosa succede se la retina “si ammala”? Quali e quante patologie della retina esistono? Sono curabili? Ecco tutte le risposte. 

Che cos’è la retina?

La retina è una membrana molto sottile che riveste la parte interna posteriore del nostro bulbo oculare. Su di essa sono posizionati i fotorecettori, coni e bastoncelli, responsabili della ricezione degli impulsi luminosi e della loro trasmissione al nervo ottico, che a sua volta li condurrà al cervello trasformandoli in informazione visiva. Il meccanismo è simile a quello di una macchina fotografica tradizionale, e la retina è dunque paragonabile alla pellicola. Al centro della retina, proprio dietro alla pupilla, si trova la macula, una piccolissima ma importantissima zona, molto ricca di fotorecettori, deputata al riconoscimento dei colori. Quando “il meccanismo” funziona alla perfezione, non ci sono problemi. Diverso è il caso se la retina si ammala, si deteriora o si danneggia, come conseguenza di una patologia o di un trauma oculare.

Cosa succede se la retina si ammala? Quali sono le più comune patologie della retina?

La retina è molto delicata ed è fondamentale nel processo visivo, che può venire pregiudicato da un’eventuale patologia o da un trauma oculare. Alcune patologie della retina coinvolgono solamente la macula, e sono chiamate per questo maculopatie.

L’elenco delle patologie della retina è piuttosto vasto. Eccone alcune:

Le patologie sopra citate non sono risolvibili, come i difetti visivi, con l’ausilio di lenti, ma necessitano un’attenta valutazione ed un intervento medico, sia esso farmacologico o chirurgico. In CAMO siamo specializzati nel trattamento delle patologie retiniche ed incluso delle maculopatie, grazie ad un team di oculisti altamente specializzati ed al supporto di un moderno reparto di chirurgia del segmento posteriore.

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Cellule staminali per la cura della maculopatia essudativa: uno studio

 

E’ datato 19 marzo 2018 uno studio a cura del dottor Da Cruz, consulente presso il noto Moorsfield Eye Hospital di Londra, volto ad evidenziare i possibili vantaggi derivanti dall’uso di cellule staminali nella cura della maculopatia essudativa, la “variante” più aggressiva e temibile della famiglia delle maculopatie. 

E’ stato proprio il team di lavoro del Dottor Da Cruz ad usare le cellule staminali embrionali umane per curare la maculopatia senile di tipo essudativo. Come certo saprete, la maculopatia è una malattia degenerativa tipica dell’età senile che colpisce la macula, ovvero una delicata parte della retina situata proprio dietro la pupilla. Quando la macula si deteriora ed esordisce la maculopatia, si ha una progressiva ed inarrestabile perdita della visione centrale, mentre la visione periferica rimane buona. La variante atrofica oggi trova qualche terapia soddisfacente, mentre quella essudativa è più aggressiva e molto più difficile da trattare. Oggi però lo studio del Dr Cruz e del suo team regalano all’oftalmologia una scoperta dalla portata rivoluzionaria.

Un patch di cellule staminali embrionali umane

Grazie alla ricerca sopracitata, comparsa su Nature Biotechnology, è stato scoperto che è possibile realizzare un patch di cellule staminali embrionali umane da inserire nel bulbo oculare ed andare a collocare proprio sulla macula “malata”. Il patch, della misura di 6×3 mm, viene applicato proprio nella zona sottoretinica, al di sotto della fovea. La terapia è già stata testata su alcuni pazienti, che hanno potuto recuperare alcuni decimi di visus.

Aspettiamo che questa scoperta trovi applicazione nella pratica medica quotidiana

Come tutte le scoperte frutto di ricerca e di studio da parte di interi team di studiosi, anche questa avrà bisogno di ulteriore tempo ed altre sperimentazioni per entrare a far parte della pratica medica di routine per il trattamento della maculopatia essudativa. Quel che è certo, è che l’uso dell’applicazione delle cellule staminali embrionali umane apre grandi possibilità alla medicina oftalmica e non solo, e che ci aspettiamo ancora di sentirne parlare nel prossimo futuro.