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3 alimenti contro l’ipertono oculare

ipertono oculare - CAMO - Centro Ambrosiano Oftalmico

L’ipertono oculare è piuttosto insidioso perché è quasi sempre asintomatico e può innescare una patologia, il glaucoma, che a lungo andare può lasciare danni anche irreversibili all’intero apparato visivo. Chi è consapevole di soffrirne farebbe bene a fare tanta prevenzione e a prendersi cura dei propri occhi con costanza. Anche seguire con grande precisione le indicazioni terapeutiche fornite dal proprio medico oculista è importantissimo. Può interessare sapere che anche madre natura, seppur blandamente, può essere d’aiuto a chi soffre di ipertono oculare. Ecco tre alimenti che contribuiscono a tenere a bada questo disturbo: in caso di dubbio, per qualunque domanda o curiosità sull’apparato visivo o sul vostro peculiare stato di salute oculare, non esitate mai a chiedere consiglio al vostro oculista. 

1 – I cavoli

Forse non sono proprio il vostro alimento preferito, e forse non vi sembra nemmeno un consiglio particolarmente originale, ma anche i cavoli “hanno il loro perché”. Si tratta di alimenti preziosi, ricchi di antiossidanti ed utilissimi a prevenire l’insorgenza di tumori. E non solo: una ricerca scientifica ha dimostrato come essi siano davvero un ottimo alleato nel combattere il glaucoma. Se non impazzite per cavolfiori, broccoli, cavoletti di Bruxelles, potete semplicemente lessarli e poi renderli più golosi facendoli gratinare in forno con un poca di besciamella (magari fatta in casa) ed una generosa spolverata di formaggio grattugiato. Oppure, potete lessare i vostri cavoli e poi saltarli in padella con un po’ di pancetta (100 grammi sono più che sufficienti a dare un sapore unico senza eccedere con i grassi), e poi usare questo condimento per dar vita ad un goloso piatto di pasta (magari integrale).

2 – Le bacche di Goji

Se non le avete mai sentite nominare, è ora di porvi rimedio, annotarvi il loro nome ed acquistarle quanto prima. Sì, perché le bacche di Goji, oltre ad essere uno dei superfood maggiormente in voga negli ultimi anni ed oltre ad essere chiamate “le bacche della longevità”, sono in grado di apportare ottimi benefici anche alla salute oculare. La scienza ha dimostrato infatti che consumare bacche di Goji è anche di grande aiuto per chi soffre di glaucoma. Insomma, buone, leggere, gustose, sono come le ciliegie perché una tira l’altra, ed in più fanno anche bene ai nostri occhi. Cosa volere di più?

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3 – Morinda citrifolia

Passiamo ad un terzo alimento utile per combattere l’ipertono oculare e prevenire il glaucoma. Se i cavoli e le bacche di Goji forse vi erano noti, la morinda citrifolia potrebbe suonarvi nuova. Si tratta di una pianta vagamente somigliante al gelso. Il suo nome deriva da morus, cioè mora, e India. Non si trova nei paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, bensì proviene dal sud-est asiatico. I suoi frutti ricordano proprio quelli del gelso, nella sua versione bianca. Quando sono maturi somigliano a delle more gialline, dal profumo tutto sommato poco invitante. Sembra che il succo di questi frutti, chiamati anche noni, sia ottimo non solo per combattere l’ipertono oculare e l’ipertensione, ma svolga anche una buona azione protettiva del sistema immunitario, oltre a favorire la produzione di serotonina e melatonina.
Fonte: sisbq.org

Ipertono oculare? Ecco cosa invece evitare…

Quanto agli alimenti da evitare, non solo per preservare la salute oculare, ma quella dell’intero organismo, ricordiamo che, anche come regola generale, è sempre buona norma limitare l’uso di alcolici, caffeina, grassi saturi, alimenti fritti e carni rosse.

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Invecchiamento: gli effetti sui nostri occhi

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invecchiamento

Forse non vi è mai capitato di soffermarvi a pensarci, ma quando invecchia il nostro corpo, anche i nostri occhi invecchiano. I disturbi e le patologie oculari connessi all’invecchiamento sono diversi, e possono interessare la cornea, il cristallino oppure la retina, andando a compromettere non solo la salute dell’occhio, ma anche la capacità visiva. Conosciamole più da vicino. 

La presbiopia

La presbiopia non è una patologia oculare, ma piuttosto una sorta di difetto visivo causato dall’avanzare dell’età. Mano a mano che l’età avanza, a partire dai 40 anni circa in poi, il cristallino, la lente naturale posta all’interno dell’occhio, perde elasticità. Dalla flessibilità del cristallino dipende il buon funzionamento del processo di accomodazione, cioè la messa a fuoco degli oggetti, specie quelli molto vicini. Chi soffre di presbiopia ha difficoltà proprio nella messa a fuoco degli oggetti molto vicini. Non a caso, dopo i 40 anni si comincia a fare uso di occhiali da lettura.

Come si risolve: la presbiopia si può risolvere definitivamente con un intervento laser, con la sostituzione del cristallino o con l’inserimento di lenti intracorneali.

La cataratta

Anche in questo caso parliamo di cristallino, con la differenza che la cataratta è una vera e propria patologia oculare. La cataratta si verifica quando il cristallino perde trasparenza e quindi non filtra più come prima i raggi luminosi provenienti dall’esterno. L’opacizzazione è dovuta all’età, allo stress ossidativo ed all’invecchiamento cellulare. E’ un fenomeno progressivo ed irreversibile che si presenta solitamente già dai 60 anni di età.

Come si risolve: l’unica via per risolvere la cataratta è l’intervento chirurgico, chiamato anche intervento di facoemulsificazione. Durante l’intervento, che è di breve durata e totalmente indolore, il cristallino naturale viene sostituito con uno nuovo, perfettamente trasparente, molto ben tollerato, e destinato a durare per sempre. 

La degenerazione maculare senile

La degenerazione maculare senile interessa la macula, cioè la parte centrale della retina. La macula è particolarmente importante per la funzione visiva perché è molto ricca di fotorecettori, minuscole cellule che hanno il ruolo di decodificare l’informazione luminosa e convogliarla al nervo ottico. Da questi fotorecettori dipende anche la corretta e vivida visione dei colori. Quando, con l’avanzare dell’età, la macula invecchia e degenera, la visione centrale va incontro ad un progressivo peggioramento. Esistono due tipologie di degenerazione maculare senile: secca e umida.

Come si risolve: la degenerazione maculare senile di tipo secco è molto difficile da trattare, anche se sono in corso di studio alcuni farmaci per migliorarne i sintomi. La maculopatia di tipo umido invece è più facilmente trattabile, grazie ad una molecola, chiamata Anti-VEGF, capace di arrestare la crescita dei neovasi al di sotto della retina. 

Il glaucoma

Il glaucoma è una patologia che più frequentemente fa il suo esordio tra i 40 ed i 50 anni, ma in maniera piuttosto silente. Si caratterizza per un aumento della pressione intraoculare causata da un accumulo di umor acqueo, un liquido naturalmente presente all’interno dell’occhio. Nel caso del glaucoma, l’umor acqueo non defluisce correttamente all’interno delle strutture oculari, ma si accumula. Putroppo, essendo piuttosto asintomatico, il glaucoma si rende manifesto quando oramai ha lasciato danni evidenti all’occhio ed in particolare al nervo ottico.

Come si risolve: il glaucoma si può risolvere con una terapia farmacologica mirata ad abbassare la pressione intraoculare. Esistono anche altre strade terapeutiche e chirurgiche, tuttavia ricordiamo che i danni apportati al nervo ottico dal glaucoma sono spesso irreversibili. 

Infine, le mosche volanti: un disturbo tipico dell’invecchiamento

La disidratazione alla quale vanno incontro le persone anziane che sentono meno lo stimolo della sete può anche innescare un fenomeno detto delle “mosche volanti”, ovvero fastidiosi “filini” che attraversano il campo visivo e che sembrano quasi essere dei corpi estranei. Questo fenomeno, che prende il nome di miodesopsie, è dovuto ad un addensamento del collagene, la sostanza che riempie il nostro occhio e che fluttua al suo interno. Quando non si è bene idratati, questa sostanza si addensa dando vita proprio al fenomeno delle mosche volanti.

Come si risolve: le mosche volanti si possono risolvere bevendo molta acqua ed aiutandosi con qualche integratore di aminoacidi e sali minerali. In alcuni casi si può valutare di sottoporsi ad un trattamento con uno speciale laser chiamato Yag laser, che “scioglie” gli addensamenti di collagene presenti nel vitreo. 

Apnee notturne e glaucoma, esiste una connessione?

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Il glaucoma è una patologia non ancora abbastanza nota ai più. La scarsa conoscenza delle sue caratteristiche ed il suo essere asintomatica soprattutto negli stadi iniziali, la rendono ancor più pericolosa per chi dovesse soffrirne. Oggi portiamo a conoscenza dei nostri lettori un altro aspetto piuttosto “subdolo” di questa patologia oculare, ovvero la sua connessione – provata scientificamente – con le apnee notturne. 

Cos’è il glaucoma?

Il glaucoma è una patologia oculare che provoca un aumento della pressione intraoculare che a sua volta può produrre danni irreversibili ed anche gravi all’apparato visivo, pregiudicandone il buon funzionamento. La forma più comune prende il nome di glaucoma primario oppure ad angolo aperto, ed è generalmente asintomatica. Fa il suo esordio intorno alla mezza età, e progredisce in modo lento ed inesorabile. Esiste anche un’altra tipologia di glaucoma, detta secondaria o ad angolo chiuso. I fattori di rischio del glaucoma sono la pressione intraoculare alta, l’età superiore alla quarantina circa, la familiarità, oppure la presenza di diabete o altre patologie sistemiche. Avrete notato che quando vi recate dall’oculista, questi vi misura il tono oculare: si tratta di un esame davvero molto importante per la diagnosi del glaucoma.

Leggi anche: Mantenersi in forma aiuta a prevenire il glaucoma, parola di scienza

Come si cura il glaucoma?

Il trattamento del glaucoma varia a seconda della tipologia e della sua progressione. La terapia può essere sia farmacologica che chirurgica. In questo secondo caso, è possibile intervenire sia in modo poco invasivo, con il laser, sia con un vero e proprio intervento, chiamato di “trabeculoplastica”, cioè mirato ad aiutare il deflusso dell’umor acqueo che si accumula all’interno delle strutture oculari. Per quanto riguarda i danni già arrecati dalla patologia al nervo ottico, si possono ottenere buoni risultati grazie al Collirio Montalcini, una rivoluzionaria molecola messa a punto dall’illustre studiosa che si basa sulla scoperta del Nerve Growth Factor, il fattore di crescita nervoso.

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Apnee notturne e glaucoma, qual è la connessione?

Uno studio recentemente diffuso dalla Glaucoma Research Foundation americana ha messo il luce la connessione tra gli episodi di apnea notturna e glaucoma. In particolare, stando ai risultati della ricerca, le persone che soffrono di diversi episodi per notte di apnee notturne mostrano un rischio di contrarre il glaucoma di ben 10 volte superiore rispetto a chi invece riposa normalmente. Questo accade perché le apnee ostruttive esercitano un effetto sul ritmo cardiaco e sulla circolazione sanguigna. Se la scoperta della connessione tra le apnee notturne e il glaucoma è recente, non si può dire lo stesso di quella tra le apnee ed ictus o infarti, che invece era già ben nota e statisticamente documentata dal mondo scientifico. I pazienti che soffrono di apnee notturne dovrebbero dunque aver cura di recarsi con frequenza anche dall’oculista, per accertare il proprio tono oculare, oltre allo stato di salute generale del proprio apparato visivo.

Fonte: Glaucoma.org

 

Cura del glaucoma: un aiuto dal coenzima Q10

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Il glaucoma è una patologia davvero molto insidiosa perché si presenta in maniera silente e tutto sommato asintomatica. La forma più frequente, quella cronica, esordisce intorno ai 40-45 anni ed ha un andamento lento. Tuttavia, esistono anche altre tipologie di glaucoma: quella congenita e quella acuta. Quando chi ne è affetto si accorge di avere qualcosa che non va, oramai la progressione della patologia è piuttosto avanzata, ed i danni prodotti all’apparato oculare sono irreversibili.  Oggi però, un team di ricercatori italiani sta prendendo in esame il ruolo del coenzima Q10 nella cura del glaucoma. Vediamo i dettagli della ricerca.

Cos’è il coenzima Q10

Il coenzima Q10 è un elemento antiossidante già presente naturalmente in tutte le cellule del nostro corpo, nello specifico nei mitocondri. I mitocondri sono delle strutture che si trovano all’interno delle cellule, e che svolgono l’importante ruolo di produzione, conservazione ed accumulo dell’energia. Come detto, il coenzima Q10 è presente nel nostro corpo, ma mano a mano che l’età avanza la sua produzione diminuisce drasticamente. Analogamente, la produzione di coenzima Q10 subisce un calo quando si soffre di determinate patologie, come il morbo di Parkinson, un tumore oppure il diabete, oppure quando si assumono determinati farmaci, come per esempio le stamine.

Il ruolo del coenzima Q10 nella cura del glaucoma

Un team di ricercatori italiani sta prendendo in esame possibilità di curare il glaucoma proprio grazie al coenzima Q10. La ricerca prende le mosse dall’osservazione delle caratteristiche intrinseche della retina, dove i mitocondri, situati all’interno delle cellule ganglionari retiniche, sono presenti in un numero particolarmente abbondante. Quando l’occhio è sottoposto ad uno stress ossidativo, si ha un accumulo di radicali liberi, responsabili come sappiamo dell’insorgenza di alcune tra le più tipiche patologie oculari connesse all’invecchiamento, proprio come il glaucoma (ma anche la cataratta). La presenza del coenzima Q10 nei mitocondri delle cellule retiniche si rivela in questo contesto fondamentale per garantire, grazie al loro apporto energetico, la sopravvivenza ed il buon funzionamento delle strutture oculari, e dunque la resistenza a quei processi che al contrario danneggiano le cellule e ne innescano la morte.

Come si assume il coenzima Q10

Se la ricerca scientifica tuttora in corso desse i risultati auspicati, il coenzima Q10 sarebbe prezioso nel controllo della progressione della patologia. Il coenzima Q10 è presente in natura in diversi alimenti, come il pesce, le uova, il fegato e la frutta secca. In alternativa, è possibile assumerlo tramite integratori, acquistabili in farmacia. Nonostante non si tratti di un farmaco, è sempre consigliabile consultarsi con il proprio medico prima di programmarne l’assunzione. E non solo: ricordiamo che una delle armi migliori di cui oggi disponiamo per far fronte al “ladro silenzioso della vista” è la prevenzione.

Fonte: Ncbi.nlm.nih.gov

Glaucoma: il 45% dei pazienti non segue correttamente la terapia

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Il glaucoma è una patologia oculare piuttosto insidiosa perché spesso chi ne è affetto non ne è consapevole fino a quando i danni arrecati al nervo ottico non sono tali da determinare un calo della capacità visiva. Tuttavia, una volta che si riceve una diagnosi di glaucoma, è fondamentale attenersi strettamente alla terapia ed agli accorgimenti indicati dallo specialista, pena un ulteriore peggioramento del proprio stato di salute visiva. Sfortunatamente, come dimostrato da un recente studio scientifico, non sempre è cosi, anzi.

Cos’è il glaucoma?

Il glaucoma è una patologia che si verifica quando l’occhio non riesce a riassorbire – come dovrebbe fare in condizioni sane – l’umor acqueo che produce. Come conseguenza di questo mancata fuoriuscita si ha un accumulo di umor acqueo all’interno delle strutture oculari ed un aumento della pressione intraoculare che, a lungo andare, determina un danno irreversibile al nervo ottico. Questa patologia è chiamata anche “il ladro silenzioso della vista” per il suo essere asintomatica. Solamente quando il danno oculare è evidente, il paziente si accorge che qualcosa non va. Ecco perché fare prevenzione, anche in campo oculare, sottoponendosi a visite periodiche, è davvero molto importante.

Il glaucoma è curabile?

I danni che la patologia ha arrecato al nervo ottico purtroppo sono irreversibili. Per trattare opportunamente il glaucoma ed ottenere buoni risultati è fondamentale che si giunga alla diagnosi quanto prima. Le terapie attualmente disponibili per il trattamento del glaucoma includono:

  • soluzioni farmacologiche, come compresse o colliri, con l’obiettivo di abbassare la pressione intraoculare;
  • un trattamento con uno speciale laser in grado di creare una via di deflusso dell’umor acqueo, tra cornea e cristallino.

Il 45% dei pazienti non segue la terapia per il glaucoma come dovrebbe

Uno studio pubblicato recentemente sulla rivista American Journal of Ophthalmology ha evidenziato come il 45% dei pazienti affetti da glaucoma non effettui la terapia come prescritto dallo specialista. In particolare, a 4 anni di distanza dalla diagnosi e dalla prescrizione della terapia, il 48% dei pazienti assume solamente un terzo del dosaggio prescritto. Nel caso di un collirio che preveda 3 somministrazioni al giorno, per esempio, questa categoria di pazienti instilla il farmaco solamente una volta al giorno.

Quali sono i motivi che portano a non effettuare la terapia come prescritta?

Le ragioni possono essere differenti:

  1. molti pazienti sono soggetti anziani, che faticano a seguire la terapia anche in virtù del fatto che spesso sono in cura anche per altre patologie e dunque si trovano ad affrontare, nell’arco di una giornata, diverse scadenze orarie e diverse tipologie di dosaggi e somministrazioni;
  2. poichè la terapia ipotonizzante ha carattere conservativo, il paziente non apprezza i vantaggi del farmaco in modo diretto e non sperimenta un miglioramento qualitativo e quantitativo della capacità visiva. Di conseguenza, ha quasi l’impressione che il farmaco possa essere utile, come non esserlo.
  3. instillare un collirio non è sempre facile. La poca manualità, la pigrizia e l’età avanzata possono essere in qualche modo scoraggianti, motivo per cui si riducono le somministrazioni.

Fonte: Ncbi.nlh.nih.gov

Perché è fondamentale seguire accuratamente la terapia

Seguire la posologia ed i tempi di somministrazione indicati dall’oculista è fondamentale perché la terapia ipotonizzante eserciti i giusti e sperati effetti sull’apparato oculare, e non solo. Non dimentichiamo che il glaucoma avanza senza dare particolari sintomi e che, di conseguenza, sottodosare la terapia senza informare il medico significa lasciare che il quadro clinico peggiori anche irrimediabilmente.

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Il ruolo del laser nella chirurgia oculare

Negli ultimi anni la chirurgia oculare ha fatto passi da gigante anche in virtù di una lunga serie di progressi tecnologici che hanno consentito di correggere difetti visivi e trattare diversi tipi di patologie in modo sempre meno invasivo e sempre più preciso. Se il precursore nel campo della chirurgia refrattiva è stato il laser ad eccimeri, oggi ad esso si sono affiancati altri tipi di strumenti laser capaci di ottenere risultati non solo impeccabili, ma anche straordinariamente personalizzabili. 

Laser ad eccimeri

Il laser ad eccimeri ha aperto le porte alla possibilità di eseguire diverse tipologie di interventi di chirurgia refrattiva in modo particolarmente efficace e sicuro. Fino ad alcuni anni fa, la correzione di tutti i difetti visivi, inclusa la presbiopia, si poteva effettuare chirurgicamente esclusivamente con l’aiuto del laser ad eccimeri. Uno strumento che, con il passare del tempo, si è andato via via perfezionando, e che ancora oggi è uno degli attori principali dell’intervento per la correzione dei difetti visivi associato al laser a femtosecondi: il Femto-Lasik.

Laser a femtosecondi

Il laser a femtosecondi ha rivoluzionato il mondo della chirurgia oftalmica. Si tratta di un laser ad impulsi molto brevi e ravvicinati, capace di agevolare molti interventi di chirurgia oftalmica apportando precisione, controllabilità, personalizzazione e, non ultimo, sicurezza. E non solo: il laser a femtosecondi fornisce un recupero post operatorio più veloce e molto meno doloroso rispetto agli strumenti tradizionali, consente al paziente di non dover bendare l’occhio dopo l’intervento e lo stesso recupero visivo è, in genere, particolarmente rapido. Nei centri d’eccellenza, il laser a femtosecondi ha affiancato quello ad eccimeri per quanto riguarda l’esecuzione di incisioni che prima venivano eseguite con l’ausilio di bisturi o strumenti taglienti, come il microcheratomo. Sia nel caso dell’intervento per la correzione dei difetti visivi Femto-Lasik, sia nel caso dell’intervento di facoemulsificazione (intervento di cataratta), il laser a femtosecondi è, oggi, un “braccio destro” del chirurgo davvero prezioso ed insostituibile.

Laser Yag

Il laser Yag esercita un’azione fotodistruttiva e si usa per trattare alcune patologie oculari. Con questo laser è possibile colpire selettivamente alcuni tessuti “bersaglio” e distruggerli. Questo laser si usa, per esempio, per distruggere gli addensamenti di collagene nel caso di mosche volanti del vitreo particolarmente accentuate, per trattare alcuni tipi di glaucoma ed anche la cosiddetta cataratta secondaria, ovvero un addensamento della capsula posteriore che si può talvolta verificare a seguito dell’intervento di facoemulsificazione.

Laser argon

Il laser argon agisce per fotocoagulazione. Di colore verde, si usa per trattare alcune patologie della retina. Esso viene infatti chiamato anche laser retinico. Proprio come si farebbe con delle saldature, il laser argon si usa per “fissare” la retina nella sua sede originale laddove essa sia forata o lesionata. Le patologie che si possono trattare con questo laser sono le rotture retiniche, la retinopatia diabetica, gli edemi maculari ed altre patologie.

Laser 2RT

Noto anche come laser giallo o laser sottosoglia, il laser 2RT è un laser ad impulsi brevissimi (dell’ordine dei nanosecondi) molto preciso e delicato, capace di agire sui tessuti danneggiati in modo mirato e selettivo. Gli impulsi brevissimi garantiscono l’efficacia di un laser standard retinico senza surriscaldare i tessuti e di conseguenza senza rischiare di danneggiarli. Con il laser 2RT è possibile colpire alcune cellule malate, chiamate cellule bersaglio che, morendo, lasciano lo spazio ad altre cellule nuove, innescando un processo di “ringiovanimento” cellulare. Il laser 2Rt trova applicazione nel trattamento della degenerazione maculare senile di tipo secco, della corioretinopatia sierosa centrale, del distacco dell’epitelio pigmentato, dell’edema maculare e talvolta nel glaucoma ad angolo aperto.

Insomma, appare chiaro che oggigiorno gli strumenti laser possono apportare innumerevoli e disparati benefici al nostro benessere oculare, e che questi straordinari strumenti non sono tutti uguali. Ciascuno di essi presenta peculiarità ed offre vantaggi specifici che, se coniugati alla perizia di specialisti di grande competenza ed esperienza, possono regalare indubbi benefici a diverse tipologie di pazienti. 

Il laser sottosoglia: innovazione e precisione al servizio dell’oftalmologia

Il laser sottosoglia (o micropulsato) è uno strumento ad altissimo contenuto tecnologico grazie al quale è possibile intervenire sulla retina in modo mirato ed efficace con un tocco leggero ed impercettibile. Chiamato anche laser sottosoglia, laser 2RT o laser giallo, esso lavora emettendo impulsi brevissimi, ideali per trattare una struttura delicata come la retina senza danneggiarla. Il laser micropulsato si presta al trattamento di diverse patologie retiniche, ed è privo di effetti collaterali. Cerchiamo di conoscerlo più da vicino.

Laser micropulsato o sottosoglia, che cos’è?

Il laser micropulsato si differenza dagli altri laser comunemente usati in oftalmologia perché genera impulsi sottosoglia, ovvero impulsi di luce brevissimi – dell’ordine dei miliardesimi di secondo – chiamati anche nanosecondi. L’impulso così prodotto può essere applicato al tessuto retinico in modo sicuro, e raggiunge risultati terapeutici diversi e superiori rispetto ai laser tradizionali, quando applicato negli appropriati casi clinici. Inoltre, il laser micropulsato non presenta particolari effetti secondari negativi e consente la preservazione delle strutture retiniche trattate in assenza di danni di natura termocoagulativa (cioè causati da un eventuale innalzamento della temperatura, tipico di altri laser).

Come agisce il laser sottosoglia?

Il laser sottosoglia 2rt agisce in modo selettivo su alcune cellule dell’epitelio pigmentato retinico. La radiazione luminosa viene assorbita esclusivamente da alcune cellule, i melanosomi, chiamate in questo caso cellule bersaglio, che muoiono dopo esserne state colpite. Le cellule adiacenti a quelle che muoiono, migrano andando ad occupare lo spazio rimasto libero e, grazie ad un processo chiamato “signaling”, proliferano. Alla fine di questo processo, l’epitelio pigmentato appare “ringiovanito”, mentre i fotorecettori e la coroide non presentano alcun danno. E quindi si ottiene un effetto terapeutico positivo e, grazie agli impulsi brevissimi, si riesce ad evitare il danno tissutale di natura termica. 

Per chi è indicato il trattamento con laser sottosoglia?

Il laser micropulsato trova applicazione nel trattamento della degenerazione maculare senile di tipo secco, soprattutto quando la patologia si trova nella fase iniziale o intermedia e quando vi sono delle drusen, ovvero degli accumuli di materiale lipidico al di sotto della retina. Altre patologie oculari che si possono trattare con esiti incoraggianti grazie al laser sottosoglia, sono l’edema maculare, la corioretinopatia sierosa centrale, il distacco dell’epitelio pigmentato e, in casi molto selezionati, il glaucoma ad angolo aperto.

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Status socioeconomico e glaucoma: quale correlazione?

Il glaucoma è una delle patologie oculari più diffuse al mondo e si caratterizza per un aumento di pressione intraoculare che, a lungo andare, può generare danni gravi ed irreversibili al nervo ottico. Non dimentichiamo che il glaucoma è una tra le maggiori cause di cecità al mondo e che il numero di persone affette da tale patologia è in costante aumento. Ma quali sono le cause del glaucoma? Vi sono soggetti più o meno predisposti o dei fattori scatenanti? Oggi una ricerca indica nello status socioeconomico un fattore di rischio predisponente alla patologia.

Esiste una correlazione inversa tra status socioeconomico e glaucoma?

Non è la prima volta che una ricerca scientifica sottolinea l’esistenza di una correlazione tra lo status socioeconomico e il glaucoma. In molte ricerche, la correlazione in questione è di tipo inverso: chi ha uno status economico ed un livello di istruzione più basso ha più probabilità di incorrere in alcune patologie, come per esempio il glaucoma. Questo accade perché chi ha una situazione economica precaria potrebbe avere più difficoltà ad accedere all’assistenza sanitaria, ed al contempo chi ha un livello culturale più basso potrebbe essere meno propenso o meno abituato ad informarsi circa i temi inerenti la prevenzione e la salute e meno interessato a partecipare ad eventi sul territorio quali screening o convegni sul tema.

Ecco i risultati dell’ultimo studio

Uno studio recentemente pubblicato su Current Eye Research, ha confermato le conclusioni già tratte dagli altri studi simili sopracitati, anche se la natura della correlazione necessita di ulteriori studi. In particolare, nel corso della ricerca sono stati presi in esame 24.664 pazienti affetti da glaucoma, che sono stati suddivisi in 5 fasce d’età differenti e 4 livelli d’istruzione, a partire dalla licenza elementare fino ad arrivare alla laurea. E non solo: i soggetti partecipanti allo studio sono anche stati suddivisi in 7 fasce professionali, alle quali corrispondevano specifici livelli di reddito.

Nei pazienti con un livello socioeconomico inferiore, la patologia viene spesso trascurata

Lo studio ha dimostrato come la patologia glaucomatosa fosse prevalente in quei soggetti che svolgevano attività lavorative meno redditizie (come per esempio gli agricoltori a fronte dei manager d’impresa), che avevano un’età anagrafica maggiore ed un livello di istruzione inferiore. Al contrario, i soggetti aventi un migliore livello socio economico, un titolo di studio più alto ed un’età inferiore, si sono dimostrati più propensi ad informarsi sulla patologia dalla quale erano affetti, a sottoporsi ad un più tempestivo processo diagnostico e di conseguenza ad un trattamento altrettanto immediato.

Glaucoma: prevenzione e tempestività sono le parole d’ordine

Ricordiamo, concludendo, che proprio nel caso del glaucoma la tempestività della diagnosi e del trattamento sono fondamentali: non a caso, infatti, il glaucoma è anche chiamato “il ladro silenzioso della vista” perché, soprattutto nelle sue fasi iniziali, è quasi del tutto asintomatico. Una volta che il paziente inconsapevole si rende conto di esserne affetto, la patologia può aver già danneggiato irrimediabilmente il nervo ottico.

Prenota la tua visita oculistica

La diagnosi del glaucoma si effettua attraverso alcuni semplici ma importanti esami, come la misurazione del tono oculare, l’osservazione del fondo oculare, la curva tonometrica giornaliera, la gonioscopia, l’esame computerizzato del campo visivo. Per prenotare la tua visita, chiama dal lunedi al venerdi dalle 9.00 alle 19.00 allo 02 6361191.

 

 

 

L’intervento di cataratta può stabilizzare la pressione intraoculare

La cataratta ed il glaucoma sono due patologie oculari che possono causare una notevole perdita di capacità visiva, e che non infrequentemente possono essere concomitanti. La differenza tra le due sta nel fatto che, mentre i danni causati dalla cataratta sono risolvibili con un intervento, quelli causati dal glaucoma sono irreversibili. Alcune ricerche hanno provato come uno dei vantaggi dell’intervento di cataratta possa essere, in certi casi, una stabilizzazione della pressione intraoculare. Un vantaggio non trascurabile, se il paziente soffre anche di pressione intraoculare alta. 

L’intervento di cataratta restituisce qualità della visione e della vita

Oggi si tende ad operare la cataratta prima che questa sia molto evoluta, consentendo al paziente di recuperare rapidamente una buona qualità sia di visione che, più in generale, di vita. Nel corso dell’intervento di cataratta, il cristallino naturale, oramai opacizzato, viene rimosso dalla capsula che lo contiene e sostituito con una lente intraoculare. Esistono diverse tipologie di lenti intraoculari, chiamate anche cristallini artificiali, pensate per far fronte alle esigenze specifiche di diversi pazienti: in linea generale, tutte le lenti intraoculari usate nella moderna chirurgia oftalmica sono molto ben tollerate e non necessitano di dover essere sostituite nell’arco della vita di una persona.

Perchè operarsi di cataratta può stabilizzare la pressione intraoculare

Il dottor Berdahl JP, dell’Università del North Carolina, ha condotto uno studio per stabilire gli effetti che l’intervento di cataratta ha sulla pressione intraoculare. La conclusione è stata che in alcuni casi – specialmente nei pazienti che prima dell’intervento mostravano una pressione intraoculare alta – l’intervento di cataratta può influenzare positivamente la pressione intraoculare, anche se il meccanismo che sta dietro a questo miglioramento non è ancora stato indagato né chiaramente definito dal punto di vista scientifico. Tuttavia, alcuni pazienti con una pressione intraoculare alta, dopo l’intervento di cataratta non solo hanno sperimentato un costante abbassamento della stessa, ma hanno anche spesso potuto sospendere la terapia ipotonizzante. E’ bene precisare, tuttavia, che qualora l’eccessiva pressione intraoculare abbia generato danni al nervo ottico, non vi è terapia farmacologica nè intervento chirurgico che vi possa porre rimedio, cioè che possa far regredire i danni instauratisi.

Fonte: Ncbi.nlm.nih.gov

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Intervento di cataratta, meglio non aspettare

L’intervento di cataratta è, oggi, uno dei più praticati al mondo, nonché uno dei più sicuri. Se fino ad alcuni decenni fa si tendeva ad operare la cataratta solo quando questa era particolarmente avanzata, oggi invece si preferisce anticipare, con ripercussioni positive sullo stato di salute psicofisica del paziente. Aspettare troppo, insomma, non conviene. Ecco spiegati i motivi. 

La cataratta: quando il cristallino invecchia con noi

Il fenomeno che causa la cosiddetta “cataratta” è fisiologico ed è legato a doppio filo all’età del paziente. Con l’avanzare del tempo, generalmente intorno ai 60 anni, il cristallino, la lente naturale posta all’interno del nostro occhio, comincia ad invecchiare. Proprio come il vetro di una finestra esposto per anni ad ogni sorta di intemperie, anche il cristallino perde trasparenza e comincia a diventare opaco. E non solo: oltre ad opacizzarsi, esso si ispessisce e perde flessibilità. Un processo irreversibile, al quale è bene porre rimedio quanto prima.

Come vede il paziente con cataratta

La cataratta porta ad una difficoltà visiva generalizzata: i contorni delle cose si fanno meno definiti, i colori perdono nitidezza, la naturale capacità accomodativa dell’occhio viene meno. Il paziente affetto da cataratta può andare dunque incontro ad una serie di difficoltà nello svolgimento delle piccole grandi azioni quotidiane come cucinare, occuparsi della propria igiene personale, guidare un veicolo, leggere o guardare la televisione, con una conseguente perdita di indipendenza che si ripercuote a sua volta sullo stato d’animo e sull’umore.

Ecco perché è bene non rimandare l’intervento di cataratta

E’ sconsigliato rimandare l’intervento di cataratta per due ragioni:

1 – Rinviare l’intervento ad oltranza significa andare incontro ad un peggioramento dei sintomi. Non esiste terapia farmacologica in grado di contrastare ed arrestare il processo di invecchiamento del cristallino, né di migliorarne i sintomi. Più il tempo passa, più il cristallino si opacizza, si irrigidisce e si ispessisce, andando ad occupare sempre più spazio all’interno dell’occhio e causando, talvolta, una aumento della pressione intraoculare, capace di causare danni irreversibili alle strutture visive dell’occhio. Si può anche innescare, ad esempio, una forma di glaucoma chiamata glaucoma facolitico. Fonte: AAO.org.

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2 – Sottoporsi all’intervento di facoemulsificazione non appena la cataratta viene diagnosticata consente di godere di una lunga serie di ripercussioni positive sul fronte pratico e naturalmente anche psicologico. Vedere bene permette di svolgere le proprie attività quotidiane in totale autonomia e di evitare di andare incontro ad incidenti non solo spiacevoli ma anche potenzialmente pericolosi. E non solo: il ritrovato senso di indipendenza, consente al paziente di sentirsi più giovane più a lungo, senza correre il rischio di cadere in stati emotivi depressi che, al contrario, finirebbero con innescare un processo di invecchiamento più repentino e più difficile da gestire.

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